Roma ai tempi di “Tra la Croce e la Spada”
Il
gran predicatore era arrivato a Roma dall’altro lato della città.
Innanzitutto, era andato a pregare nella tomba dell’apostolo,
perciò si era mescolato ai pellegrini della Civitas
Leonina,
in quella che, con le sue strade basse e senza imponenti rovine, era
decisamente la parte più affollata di Roma, dove si vedevano in ogni
angolo tende e negozietti che vendevano cianfrusaglie e reliquie di
origini più o meno discutibili, ma in quei giorni aveva altro da
fare che non combattere i falsari; da rilevare che, nonostante le
falsificazioni, i Romipetae
erano mossi da una fede poderosa e sincera.
Raggiungevano
Roma, con i loro bordoni e le loro scarselle, in seguito ad aver
percorso una strada – talvolta lunga e non senza pericoli – che
aveva inizio dopo che la rispettiva parrocchia autorizzava la
partenza. Apportavano alla Chiesa quel reddito che andava a sommarsi
ai pedaggi riscossi alle porte della città, nei porti fluviali e nei
mercati, oltre all’obolo di San Pietro. Le monete erano lanciate
sull’altare della basilica; ed altre offerte arrivavano
indirettamente, attraverso le tasse imposte alle locande dove i
pellegrini si ospitavano e alle botteghe ammucchiate attorno al
portico sulla via verso San Pietro.
In quei locali, si potevano fare tante cose diverse, come aggiustare scarpe malconce, estrarre denti usurati e comprare, tra l’altro, cavalli, paglia per materassi, crocifissi e fiaschi con l’olio delle lampade accese sulla tomba di San Pietro.
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